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Mobbing, il commento alle sentenze
informa 360
Gio, 09 Maggio 2024
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Redazione 360magazine RICHIEDI INFORMAZIONI
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Oggi vi segnalo una recente interessante sentenza della Corte di Cassazione Sezione Lavoro la 4664 del 21 febbraio 2024 che si occupa del mobbing.
L'interesse che ci sollecita questa sentenza deriva dal fatto che questa sentenza, al di là diciamo di quello che è il concetto generale del mobbing che più o meno tutti conoscono, introduce un principio importante cioè quello per cui innanzitutto rileva in materia di mobbing è la tutela della salute del lavoratore quindi il contrasto che il comportamento datoriale o il comportamento del soggetto mobbizzante ha con l'articolo 2087 del codice civile e poi l'importanza diciamo della Condotta e del danno che va valutata a prescindere dalla modalità con cui il comportamento mobizzante viene realizzato e quindi a prescindere anche dai singoli episodi e da ciò che unisce i singoli episodi e li accorpa in un unico intento vessatorio.
Innanzitutto rileva, come detto, l'importanza dell'articolo 2087 del codice civile che disciplina appunto quello che è il dovere del datore di lavoro in materia di tutela delle condizioni del lavoratore, quindi la norma codicistica espressamente precisa che: "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessari a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" quindi un obbligo specifico di tutela della sicurezza psicofisica che fa capo al datore di lavoro e che resta in capo al datore di lavoro a prescindere da quale sia il soggetto che poi pone in essere la condotta mobbizzante.
Sappiamo che del mobbing non abbiamo una definizione di carattere normativo, c'è una definizione che ci è stata suggerita da altre materie in particolare dalla psicologia, nella quale il mobbing viene definito come questa situazione di conflittualità sistematica persistente caratterizzata da una sorta di progresso di azioni a contenuto pericoloso che vanno a danneggiare e a causare dei danni di qualsiasi tipo e gravità al lavoratore, al soggetto mobilizzato, e che vengano posti in essere da un soggetto che si ponga sia in una posizione superiore che inferiore che di parità, perché appunto il mobbing può essere realizzato sia da un superiore, da un datore di lavoro, ma anche da un soggetto avente una medesima posizione nell'ambito dell'organigramma lavorativo, o anche d'inferiorità rispetto al soggetto danneggiato; ciò che lo caratterizza è appunto questa intenzionalità questa progressione di comportamenti che vanno appunto a ledere il lavoratore e la responsabilità poi fa capo al datore di lavoro che è tenuto a garantire comunque al lavoratore la possibilità di lavorare in un ambiente salubre.
La sentenza è particolarmente interessante perché partendo dall'episodio specifico che è quello di un dirigente medico che agisce per il risarcimento del danno nei confronti del primario, per una serie di comportamenti di ostilità che il primario aveva non soltanto nei confronti di questo dipendente che poi ha agito legalmente, ma nei confronti di tutta una serie di dipendenti che svolgessero attività intramoenia, quindi professionisti che svolgessero attività intramoenia nell'ambito dell'azienda sanitaria pubblica, per una contrarietà di principio che il primario aveva rispetto a questa attività. Quindi le singole condotte che venivano poste in essere da questo primario erano del tipo più vario, quindi da dinieghi ingiustificati a proposte di trasferimento, a contestazioni, a frasi che poi hanno dato luogo a procedimenti penali perché frasi sconvenienti nell'ambito non solo del rapporto lavorativo, ma in ogni caso offensive, La Corte d'Appello nel caso specifico aveva dichiarato che essendoci un clima di ostilità, ma più che altro diciamo di conflittualità nell'ambito di tutto il reparto, poiché il primario non agiva in questi termini soltanto nei confronti di questo dirigente medico, ma appunto rispetto a tutti i professionisti che svolgessero attività intramoenia, e del fatto che alcuni comportamenti di per sé erano poco significativi anzi alcuni addirittura percepiti con favore dello stesso dipendente perché rispetto ad una proposta di trasferimento era stata addirittura accettata, aveva escluso che che fosse configurabile mobbing anche perché anche nelle patologie psicosomatiche che erano state acclarate poi in sede processuale in capo al medico ricorrente, implicavano di per sé che la loro genesi non necessariamente era ricollegata ad un comportamento continuato nel tempo.
La peculiarità di questa sentenza è di mettere in particolare risalto l'importanza dell'articolo 2087, cioè l'importanza che l'ordinamento attribuisce al dovere che ha il datore di lavoro di tutelare la serenità psicofisica del dipendente nell'ambito del luogo di lavoro, quindi ciò che consente di unificare e di ritenere importanti anche singoli episodi che di per sé potrebbero non essere. Quindi la Cassazione riconosce come il rapporto tra datore di lavoro e dipendente ha una natura di carattere contrattuale e quindi come tale va trattato, quindi nell'ambito del giudizio il dipendente che agisce per ottenere un risarcimento del danno dovrà provare sicuramente la sussistenza del rapporto di lavoro, la malattia e un nesso causale fra l'ambiente di lavoro e l'evento dannoso, ma poi spetterà al datore di lavoro dimostrare di aver fatto tutto il possibile per fare in modo che il dipendente avesse la possibilità di lavorare in condizioni che non fossero pericolose per la salute e la personalità psicofisica del lavoratore, quindi tali da non creare una situazione stressogena dalla quale possono derivare patologie che possono essere ricollegate sia poi al mobbing quindi a comportamenti persecutori reiterati che hanno un intento vessatorio che unifica i vari provvedimenti, ma anche singole ipotesi vessatorie che vengono poi ricollocate nella ipotesi più semplice dello straining a cui poi faremo un accenno.
Quindi in sostanza quello che ci dice la Cassazione è che anche in assenza di un intento che unifichi tutte le varie condotte e che evidenzi una volontà persecutoria e quindi una sorta di intento criminoso, passatemi il termine, penalistico, il fatto comporta comunque una responsabilità datoriale per violazione appunto dell'articolo 2087, quindi non è necessario che tutti i comportamenti siano preordinati ad una volontà di marginazione, a una volontà di isolamento, o a volontà denigratorie, è sufficiente che i vari comportamenti abbiano creato un ambiente tale da impedire al lavoratore di svolgere proprie attività serenamente e che consentano poi di verificare in concreto mediante consulenza tecnica, perché è necessario provare la lesione psicofisica del dipendente, che abbiano creato effettivamente un danno.
Un dato molto interessante che ci previene anche da questa sentenza è che non si può nemmeno sostenere che la particolare sensibilità del ricorrente possa avere un ruolo essenziale nella vicenda lavorativa, perché addirittura la Corte di Cassazione ci dice che la sensibilità del soggetto, quindi la propensione a somatizzare determinate vicende, non può che indurre lo stesso datore di lavoro, lo stesso soggetto responsabile, a predisporre e organizzare un sistema lavorativo che sia adeguato a permettere che anche le persone più sensibili possano lavorare in maniera serena e senza costrizioni e senza disagi a livello psicologico.
La sentenza richiama anche un'ulteriore sentenza che sempre vi segnalo, particolarmente interessante, che è la 29101 del 2023 che appunto pone l'accento sulla possibilità di considerare anche isolatamente le singole condotte, perché queste potranno incidere sul Quantum del risarcimento ma non sull'an. Cioè se oggi è configurabile oltre al mobbing, inteso come insieme di condotte vessatorie, anche l'ipotesi dello straining nel quale anche singole condotte che abbiano arrecato effettivamente un danno, hanno una rilevanza civilistica a fini risarcitori, verificare il proposito di isolare un determinato dipendente o di vessarlo, non rileva proprio perché anche nei singoli episodi possono dare luogo ad un'ipotesi risarcitoria. Quindi anche a prescindere da un comportamento doloso o colposo Allor che questo abbia contribuito causalmente a creare un ambiente logorante, idoneo a causare pregiudizi alla salute del dipendente.
Quindi per comprendere meglio il concetto vi segnalo un'ulteriore sentenza che si riferisce proprio allo straining, nella quale il fatto sembrerebbe proprio al limite, perché si tratta dell'ipotesi in cui il superiore, che aveva una particolare antipatia verso il dipendente, in occasione di un mal funzionamento di un computer, da quello che emerge nell'istruttoria del procedimento, fa alzare il dipendente, si mette al computer, comincia a cercare di sistemare questa criticità del computer, cancella dei file, e alla rimostranza del dipendente sul fatto che avesse fatto più danni che altro, inizia una sorta di discussione nella quale il superiore dice "tanto il computer è mio, sono io che comando, i file se sarà possibile li recupereremo ma comunque sono io che comando" a seguito della quale il dipendente ha un malessere e viene ricoverato, la Corte di Cassazione afferma in questo caso che il fatto in sé ha causato un danno al dipendente e quindi ciò che rileva è che si sia verificato questo danno alla salute psicofisica del dipendente e quindi si avrà una rilevanza dal punto di vista risarcitorio civilistico del fatto, che chiaramente come an sicuramente sarà accertato come fatto causativo di un danno e chiaramente varierà poi nella imposta risarcitoria perché si è trattato di un unico fatto, rispetto invece magari al risarcimento dei danni causati da comportamenti vessatori reiterati nel tempo.
Queste le sentenze che vi volevo segnalare su questi argomenti che ci sembravano interessanti e che ho ripercorso velocemente, per segnalare quali comportamenti attualmente la giurisprudenza ritiene rilevanti ai fini della tutela psicofisica del lavoratore, e quindi anche cosa si può aspettare il lavoratore nel caso in cui si trovi a doversi confrontare con realtà ambientali particolarmente stressogene e di difficile gestione.
Vi ringrazio e vi saluto.
Avvocato Claudia De Marco